Oramai è largamente diffusa l’abitudine di fare ricorso in ambito professionale a quelli che vengono chiamati “accordi di riservatezza”. Stiamo parlando di accordi, giuridicamente vincolanti, in cui è presente una clausola di riservatezza che costringe le parti a non rivelare il contenuto dell’accordo stesso.
Clausola di riservatezza, accordo di riservatezza, patto di non divulgazione, lettera di riservatezza, Non Disclosure Agreement, Agreement Professionale… sono molte le formule con cui ci si riferisce a questa materia, ma la base è comune.
Cosa sono gli accordi di riservatezza?
In ultima analisi gli accordi di riservatezza sono dei negozi giuridici conclusi da due o più parti sottoscritti al fine di mantenere segrete alcune informazioni.
Questi accordi possono riguardare sia i privati che le aziende. Il caso tipico è quello del dipendente che firma una clausola di riservatezza con il suo datore di lavoro.
Questo tipo di patto può essere inserito nell’accordo sia in fase precontrattuale che al momento dell’esecuzione del contratto stesso aggiungendo la clausola di riservatezza.
Un accordo di riservatezza può mutare nel tempo: si possono infatti apportare modifiche in base al cambiamento di certe condizioni e il suo vincolo può superare anche l’interruzione della prestazione professionale.
A cosa servono? Esempi pratici
Lo scopo fondamentale dell’accordo di riservatezza è quello di mantenere segrete delle informazioni che se venissero a conoscenza di altre parti potrebbero danneggiare uno o più soggetti coinvolti nell’accordo.
La clausola di riservatezza è quasi un obbligo quando si tratta di andare ad operare con i brevetti di un’azienda o con la sua lista clienti: se queste informazioni venissero in mano della concorrenza sarebbe un grosso danno per l’azienda.
Generalmente le informazioni coperte dall’obbligo di riservatezza sono quelle inerenti alle opere intellettuali, come i diritti d’autore, e tutte quelle informazioni costituenti il know-how dell’impresa: banche dati dei clienti, ricerche, strategie di business, progetti e piani di lavoro, brevetti…
La protezione dell’accordo di riservatezza
La violazione dell’obbligo di riservatezza inserito nel contratto, mette il responsabile di un eventuale mancanza nella difficile posizione di dover rispondere delle proprie azioni con eventuale risarcimento del danno.
Il tutto può essere affiancato alla responsabilità disciplinare; nell’esempio più comune, quello tra accordo di riservatezza tra dipendenti ed imprenditore, può portare all’esecuzione di un contratto di lavoro ex art. 2106 cod. civ. e addirittura alla responsabilità penale.
In quest’ultimo caso ci si riferisce ai reati di “rivelazione del contenuto di documenti segreti” ex art. 621 cod. pen.; di “rivelazione di segreto professionale” ex art. 622 cod. pen. e di “rivelazione di segreti scientifici o industriali” ex art. 623 cod. pen.
In conclusione dunque, qualora vi sia una violazione dell’accordo di riservatezza bisogna rifarsi alla disciplina prevista dal Codice Civile all’articolo 1218: “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno – si legge -, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Inoltre è prassi inserire una clausola penale, alla quale attingere in caso di inadempimento, ai sensi dell’art. 1382 cod civ. “La clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno”.